Caritas: chiusa la seconda fase del "progetto Aids"

hivOrmai da tempo chi lavora in campo medico e sociale si è reso conto di una cosa che sta diventando di nuovo preoccupante: dopo la grande campagna informativa e di sensibilizzazione degli anni '90, si è praticamente smesso di parlare di Aids e del virus dell'Hiv.

 

Il risultato è che c'è un'intera generazione, di ragazzini e di giovani, che praticamente non ha mai sentito parlare di questa malattia. E di conseguenza non sa cosa voglia dire, come ci si ammali, e ovviamente anche come non ci si ammali.

La Caritas lavora con le persone affette da Hiv e colpite da Aids fin dagli anni '80, e non è stata a guardare con le mani in mano questo “calo di attenzione” e le sue conseguenze.

Anche per questo da ormai tre anni Caritas Italiana ha ricominciato a lavorare intensamente sul tema, promuovendo tramite le Caritas diocesane progetti di formazione e sensibilizzazione.

Tra le sedici diocesi inizialmente coinvolte (Ancona, Bergamo, Bolzano, Brescia, Catanzaro, Cremona, Firenze, Foligno, Milano, Napoli, Palermo, Pescara, Piacenza, Reggio Calabria, Roma, Verona, che coprono poco meno di un terzo della popolazione italiana) anche la Caritas ambrosiana - e con lei Consorzio Farsi Prossimo e le nostre cooperative - si sono date da fare per riattivare l'attenzione soprattutto del mondo cattolico, ma non solo, su questo tema.

 

Le Caritas coinvolte nel Progetto “Una sola famiglia umana: nessuno sia lasciato indietro”, avviato nel settembre 2014, hanno dato vita a svariate azioni di sensibilizzazione, informazione e formazione, che hanno raggiunto oltre 20mila persone, di cui più della metà ragazzi e giovani, e offerto una formazione specifica e intensiva a oltre 100 operatori sociali solo nella prima fase, e si può stimare che altrettante siano state raggiunte con la seconda parte del progetto che si è conclusa pochi giorni fa.

«L'idea era quella di portare alla luce i nuovi dati sulla diffusione del virus Hiv, dati che suonano un campanello d'allarme, ma senza creare allarmismo – spiega Marialuisa Arruzza, che ha seguito questo lavoro per Consorzio Farsi Prossimo e le cooperative –. E soprattutto realizzare una campagna informativa che non sia stigmatizzante nei confronti di chi ha questa malattia, che non è l'untore da cui star lontano, e spiegare che l'Aids, se curata e curata subito e bene, può permettere di vivere insieme agli altri».

 

Tra gli strumenti utilizzati, interventi di formazione frontale, lavori di gruppo con questionari, visioni di filmati e clip, mostre, spettacoli teatrali, spot radio e tv, l'uso dei social network, concorsi fotografici, oltre ai grandi eventi e flashmob organizzati in occasione dell'1 dicembre, la Giornata mondiale contro l'Aids.

«In particolare, siamo andati a fare formazione, proprio per combattere lo stigma, in quei luoghi in cui si fa fatica a parlare di sessualità: oratori, parrocchie, centri di aggregazione giovanile di stampo cattolico. La Caritas ha voluto fortemente che si andasse a parlare di Aids proprio lì», continua Arruzza.

 

Una formazione specifica e particolare è stata richiesta da chi lavora con due categorie di persone che hanno richiesto sul tema, un'attenzione particolare: e cioè i giovani stranieri e i ragazzi con problemi psichiatrici.

«Alcune cooperative ci hanno chiesto una formazione specifica e dedicata rispetto a due fenomeni emergenti: lo ha fatto chi lavora nei Cas e negli Sprar, dove sono accolti giovanissimi, anche appena maggiorenni, in arrivo da Paesi dove per motivi culturali di Aids e sessualità non si parla, e quindi sono pochissimo informati – spiega ancora Marialuisa – Gli operatori hanno chiesto approfondimenti rispetto a come fare prevenzione, come aiutare i cittadini a non spaventarsi ed evitare il pregiudizio “arrivano gli stranieri che ci portano le malattie”, ad esempio».

«L'altra questione riguarda invece gli adolescenti con disturbi psichiatrici: le nostre cooperative gestiscono due comunità dedicate, una a Milano e l'altra vicino a Lecco, praticamente uniche in Lombardia. I minorenni hanno ormai spesso un'attività sessuale e accompagnare su questo terreno ragazzini con problemi psichici ha richiesto una formazione specifica».

 

Si sono incontrati anche ragazzi delle scuole, dei centri di aggregazione giovanile e ambienti laici, e anche i cittadini durante le feste di paese. Prezioso è stato il lavoro di rete con altre realtà del sociale, e il supporto della Lila, la Lega italiana per la lotta contro l'Aids.

«Nelle scuole medie e superiori, laiche e cattoliche. Si sono fatti gruppi di lavoro con i ragazzi, visti filmati e consultato dati. Questi alcuni lavori con i minorenni – conclude Arruzza. – Con la cittadinanza adulta invece sono state fatte anche attività di sensibilizzazione, ad esempio nelle feste di vicinato, dove si era presenti con degli stand e personale dedicato».

 

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