Contagio della speranza: il grande progetto interreligioso per affrontare la crisi in Lombardia prodotta dalla pandemia

contagio della speranza CoHIn sette mesi il progetto “Il Contagio della Speranza”, supportato dal governo americano tramite l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID), ha dato accoglienza a 482 senza tetto, ha offerto il servizio di docce a 11.998 persone, ha distribuito 55.954 pasti nelle mense dei poveri, 29.249 pacchi alimentari e 11.642 kit per l’igiene personale.

Ha finanziato le tessere impiegate dalle famiglie in difficoltà per fare la spesa negli Empori della Solidarietà per una cifra complessiva di 120.000 euro e presso i supermercati per una cifra di ulteriori 328.300 euro.

Inoltre ha permesso di sanificare 733 strutture tra cui centri diurni e uffici e adeguare alle normative sanitarie 7 rifugi temporanei e 10 centri alternativi dedicati alla quarantena di pazienti, medici e infermieri.


Nato per rispondere all’emergenza sanitaria provocata dal diffondersi del Coronavirus in Lombardia e far fronte alle conseguenze sociali del lungo isolamento necessario per contenere la pandemia, il programma di aiuti è partito nel mese di maggio e si è concluso alla fine di novembre, grazie al finanziamento di 4 milioni di dollari offerto dagli Stati Uniti tramite USAID e a un contributo di ulteriori 130mila dollari provenienti dai fondi privati di Catholic Relief Services (CRS).

Le risorse raccolte sono state destinate ad una rete di enti caritativi religiosi di differenti credi e confessioni: le Caritas di cinque diocesi lombarde (Milano, Bergamo, Brescia, Lodi e Cremona), Opera San Francesco per i Poveri, la Diaconia Valdese e l’Islamic Relief.

Anche Consorzio Farsi Prossimo ha partecipato al progetto, in collaborazione con Caritas Ambrosiana, attraverso le proprie cooperative.

L’intervento, sotto la regia del Catholic Relief Services e di Caritas Ambrosiana ha affrontato sia i bisogni immediati in ambito sanitario sia il conseguente impatto sociale della pandemia, fornendo servizi essenziali a gruppi e soggetti a rischio e sostenendo le strutture ospedaliere attraverso l’affitto di sistemazioni di emergenza per pazienti affetti da Covid 19 e per il personale medico. Inoltre, il progetto ha risposto al crescente bisogno delle famiglie che hanno visto una drastica riduzione dei loro redditi a causa del lockdown così come degli anziani attraverso una distribuzione mirata di cibo.

«Al centro di questo progetto ci sono le persone in difficoltà che hanno tutto il diritto di recuperare la dignità o di non perderla. Quello che conta è mettere al centro i poveri, perché questo funziona un po’ come cartina di tornasole della nostra fede. Abbiamo avuto l’occasione in questo progetto di mettere in pratica il saper modulare i nostri servizi a favore dei nuovi bisogni che emergono. La nostra collaborazione interreligiosa ha lanciato un messaggio e abbiamo dimostrato nella pratica i risultati del lavoro svolto assieme, anche tra fedi diverse», ha dichiarato Luciano Gualzetti, direttore della Caritas Ambrosiana.

Giovanni Carrara, presidente del Consorzio Farsi Prossimo: «Otto nostre cooperative, nel territorio della Diocesi di Milano, sono state impegnate in questo progetto di ampio respiro, che ha permesso di supportare migliaia di persone la cui situazione di fragilità è stata resa ulteriormente difficile dalla pandemia. Dalle docce alla consegna dei pasti, dagli interventi di sanificazione alla lavanderia, il nostro sistema ha messo in campo competenze diverse, imparando anche a misurarsi con strumenti complessi di monitoraggio e verifica progettuale».

 

Come ha funzionato “Il Contagio della Speranza”

Sul fronte sanitario, il progetto ha permesso di offrire ai pazienti in via di guarigione strutture di accoglienza protette, pasti, pulizia delle camere e altri servizi. Inoltre messi a disposizione di medici e infermieri dormitori o camere d’albergo nei pressi dei nosocomi dove operano per permettere loro di riposare tra un turno e l’altro, riducendo così la possibilità di esposizione al virus per loro e le loro famiglie. Ciò ha consentito, in particolare nella fase più acuta del contagio, alle strutture ospedaliere di liberare posti letto per i nuovi pazienti e, in generale, di implementare le propria capacità di risposta.

Sul fronte sociale, il programma ha aiutato i partner ad adottare misure sanitarie standard anti Covid in 17 strutture di accoglienza che gestiscono. Tali misure vanno dall’allestimento di camere in cui i soggetti sintomatici possono auto-isolarsi alla disinfezione degli spazi comuni, dalla fornitura di servizi di lavanderia ai controlli sanitari giornalieri per gli ospiti. In questo modo è stato possibile continuare a tenere aperti dormitori e centri di accoglienza anche nel periodo in cui il virus circolava più diffusamente tra la popolazione, consentendo così di continuare a offrire servizi essenziali a senza tetto e persone più deboli che sono anche i soggetti più esposti al contagio, salvaguardando la salute loro, degli operatori e dei volontari che se ne prendono cura.

Inoltre, l’intervento ha implementato i servizi di distribuzione di aiuti alimentari, rispondendo all’aumento di richieste provenienti da famiglie che hanno visto una drammatica riduzione dei propri redditi proprio a causa del lockdown. Più precisamente, sono state potenziate tutte le diverse forme di sostegno alimentare sul territorio: dall’offerta di pasti nelle mense alla consegna a domicilio di pacchi viveri per anziani, malati cronici, disabili, fino alla diffusione di buoni per l’acquisto di generi alimentari essenziali presso i punti vendita ed empori.

 

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