Dall'elemosina al Farsi Prossimo: così Martini rivoluzionò l'idea di carità

foto convegno«La parabola del Buon Samaritano ci attendeva 30 anni fa e ci attende ancora oggi.
Con l’aria che tira anche nei fedeli che vanno a Messa tutte le domeniche, faccio fatica a vedere il Buon Samaritano: manca quello sguardo nei nostri ragionamenti, battute, nelle nostre scelte.
I problemi sono tanti, la politica ha le sue responsabilità, ma non possiamo dimenticare quella lezione evangelica».

 

Queste le parole del cardinale Renato Corti, intervenendo sabato 11 febbraio all'evento organizzato per i 30 anni del Convegno Farsi Prossimo, voluto dal cardinale Carlo Maria Martini, e di cui Corti fu vicario generale.

 

 

«Quel convegno è stato un punto d’inizio per una nuova Chiesa che viene dalla carità, vive nella carità e si esprime nel servizio della carità.
Fece emergere il carattere popolare del cattolicesimo ambrosiano, responsabilizzò i laici, rilanciò la vocazione missionaria delle parrocchie, ed infine suggerì a pensare e a praticare la politica come più alta forma di carità e tutti sappiamo quanto ce ne sarebbe ancora bisogno oggi», ha sottolineato monsignor Angelo Bazzari, presidente onorario della Fondazione don Gnocchi, direttore di Caritas Ambrosiana dal 1983 al 1994.

 

«Abbiamo bisogno di istituzioni più forti per difendere i diritti dei deboli.
La Caritas, dal canto suo, deve continuare a essere coscienza critica: svelare gli inganni, entrare nelle contraddizioni e aiutare la Chiesa a essere la carezza di Dio nei confronti dei poveri», ha concluso i primi interventi Luciano Gualzetti, direttore oggi di Caritas Ambrosiana.

 

Il convegno Farsi Prossimo fu aperto dall’allora arcivescovo di Milano il 15 novembre 1986 con una celebrazione eucaristica cui parteciparono più di duemila delegati, tra laici, donne e uomini, religiosi e religiose, preti e vescovi.
Al Centro congressi di Assago dal 21 al 23 novembre, 40 commissioni lavorarono sui temi della pace, della giustizia, del lavoro, dell’impegno politico dei cattolici, persino dell’ambiente a partire dal «segno decisivo della carità», «dell’amore gratuito, fedele, dimentico si sé, tenero e paziente» per usare le parole dello stesso cardinale Martini.

 

«Quando ci fu il convegno io ero al mio primo anno di università e facevo parte del gruppo giovanile parrocchiale.
Dopo il convegno anche nella mia parrocchia, San Pio V a Milano, il centro di ascolto parrocchiale, che come altrove esisteva solo nel senso tradizionale di distribuzione di aiuti, visse un'evoluzione e divenne luogo di osservazione del territorio, ascolto dei bisogni e coordinamento delle varie attività di volontariato esistenti.
Noi giovani, da parte nostra, organizzammo la prima scuola parrocchiale d’italiano. Nel decanato vicino al nostro nacque invece l'esperienza della Grangia di Monluè – anche quella su impulso di Martini – una delle primissime esperienze di accoglienza d’immigrati, rifugiati e richiedenti asilo», ricorda Giovanni Carrara, oggi presidente del nostro Consorzio Farsi Prossimo, che nacque nel 1998 ma proprio sull’onda lunga del Convegno di Assago da cui riprende il nome, e che oggi riunisce 11 cooperative (leggi qui il racconto integrale del presidente Carrara).

 

«Tanti si lasciarono scuotere e sferzare dalle parole di Martini.
Nella parrocchia in cui fui inviato come giovane sacerdote da un appartamento per portatori di handicap nacque una cooperativa che ancora oggi si occupa di dare lavoro ai disabili.
Sempre nella mia comunità, sollecitati dall’Arcivescovo, iniziammo 30 anni fa ad occuparci di quelli che allora venivano definiti extracomunitari. Un impegno che continua ancora oggi», ha raccontato don Marco Bove, ex parroco di San Nicolao della Flue ora presidente della Fondazione Nostra Famiglia, ordinato sacerdote nell’87 dal cardinale Martini.

 

«Il convegno Farsi Prossimo e l’esperienza sociale che intrapresi dopo di allora credo che mi abbiano insegnato a fare politica come servizio, a sapere accettare le critiche, e ad accogliere le istanze dei cittadini», ha detto l’assessore alla mobilità e all’ambiente del Comune di Milano, Marco Granelli, che a lungo lavorò in Caritas Ambrosiana, e nella prima nostra cooperativa, non a caso chiamata Farsi Prossimo.

 

«Io ero troppo piccola per potervi partecipare, ma ho imparato il valore di farsi prossimi agli altri in Caritas Ambrosiana», ha sottolineato Maria Chiara Cremona, una volontaria che con Caritas ha fatto esperienze sia in Italia che all’estero.

 

Quel momento ecclesiale diede impulso alla Caritas Ambrosiana, come organismo pastorale al servizio della Diocesi, con il compito di educare le comunità alla carità e di rispondere ai problemi sociali con iniziative e servizi.

 

Trenta anni dopo Caritas Ambrosiana può contare su 370 centri di ascolto nelle 1.107 parrocchie della diocesi, sportelli specifici per i gravi emarginati (Sam), la ricerca del lavoro (Siloe), l’assistenza dei migranti (Sai).

Gli uffici centrali, distinti in settori, coordinano le iniziative sul territorio nei propri rispettivi ambiti e svolgono un’azione di advocacy e sensibilizzazione della comunità civile ed ecclesiale.

L’Osservatorio delle risorse e delle povertà raccoglie in modo sistematico i dati relativi ai bisogni monitorati dalla capillare rete dei centri di ascolto sparsi sul territorio e produce un rapporto divenuto una fonte di informazioni imprescindibile per conoscere l’evoluzione sociale dei ceti più svantaggiati.

Il Centro studi e di ricerca di Caritas Ambrosiana collabora con Caritas Italiana e Fondazione Migrantes nella produzione del Rapporto Immigrazione: giunto quest’anno alla 26esima edizione, è stato il primo studio in Italia ad occuparsi in modo sistematico dei flussi migratori.

 

E poi c'è il nostro sistema di cooperative, promosso negli anni da Caritas Ambrosiana, che conta oggi 11 realtà che gestiscono una pluralità di servizi e centri di accoglienza a favore di diverse categorie di svantaggiati: senza tetto, donne sole con bambini, richiedenti asilo, anziani, disabili.

 

Complessivamente 7.000 volontari e 1.500 operatori lavorano su tutto il vasto territorio della diocesi, sono presenti nei piccoli e medi centri di provincia come nelle periferie urbane più difficili, nei caseggiati considerati da tutti off limits, persino dalla forze dell’ordine.

Una presenza diffusa e capillare che produce welfare a vantaggio per 120mila persone in difficoltà se si sommano gli utenti stimabili dei centri di ascolto (90mila) e delle cooperative (30mila).