Adolescenti migranti soli, dove sono a Milano

 

accoglienza dei minori stranieri non accompagnatiGli addetti ai lavori li definiscono con una sigla: MSNA, che sta per minori stranieri non accompagnati.
Ma se li guardi vedi quel che sono realmente: adolescenti soli.
Da una parte - è vero - cresciuti molto in fretta e capaci di cavarsela quanto un adulto in situazioni difficili, dall'altra ancora ragazzini, che avrebbero bisogno soprattutto di una guida adulta, di una famiglia, di un sostegno.

Di questi migranti minorenni soli, in Italia, ne risultano attualmente censiti e accolti quasi 16mila. Oltre a loro, altri 6mila sono arrivati nel nostro Paese e, dopo essere stati identificati, hanno fatto perdere le loro tracce: scappati subito dalla prima accoglienza o più tardi dalle comunità a cui erano stati affidati, ripartiti verso altri Paesi europei o bloccati alle frontiere e rimasti incastrati qui, a fare la spola tra accoglienze di emergenza e reti di conoscenti.

La Lombardia – secondo i dati di ottobre 2016 – ne accoglie 974, di cui 873 nella sola Milano.

«Il capoluogo lombardo resta la città più attrattiva a livello nazionale, e questo vale anche per i minorenni migranti. Milano sta facendo molto, ma comunque non è sufficiente, considerato il carico che deve sopportare rispetto al resto della regione», spiega Matteo Zappa, responsabile dell'area minori di Caritas Ambrosiana.

In via Statuto, al Pronto intervento minori del comune di Milano, bussano 60 ragazzini stranieri ogni giorno.
La maggior parte di loro arriva inviata dalla Questura, dopo che l'ufficio minori della polizia li ha registrati e fotosegnalati. Qualcuno arriva già a Milano con l'indirizzo in mano, che gli avevano dato alla partenza, nel Paese di origine.
Ci sono anche quelli che proprio non vengono intercettati, in transito verso altre nazioni europee: stazionano temporaneamente all'Hub Sammartini e ripartono.

Alla fine del 2016, degli 873 ragazzini presi in carico dal comune di Milano, 811 erano ospitati in strutture dedicate: nelle classiche comunità educative per minori, o in altre strutture un po' più grandi (ma comunque sotto i venti posti ciascuna), aperte appositamente dal comune in sinergia con alcune realtà del privato sociale, e attrezzate con professionalità formate per questa esigenza.

Sono le comunità del progetto Emergenze sostenibili, di cui fanno parte anche le nostre cooperative Farsi Prossimo e Intrecci, che nei tre anni di realizzazione ha accolto circa 500 ragazzi 16-17enni e ha avuto una parte dedicata all'accompagnamento all'autonomia dei neo maggiorenni fino ai 21 anni. Il progetto si è formalmente chiuso la scorsa primavera, ma nei fatti le comunità continuano a lavorare e accogliere.

Quattordici ragazzi sono stati accolti invece in famiglia, con un progetto di affido.

Ma i posti non sono comunque sufficienti e sono decine i ragazzini che restano per strada. Sessantadue sono al momento ospitati nei cosiddetti “Centri di accoglienza temporanea”: si tratta però di strutture pensate per la sola accoglienza degli adulti, e non progetti specifici per ragazzini e adolescenti.

Per rispondere all'emergenza posti, si è tentata la strada dei centri Sprar per minori. Nel luglio scorso il Comune ha aperto un centro Sprar per minori da 30 posti.
«Noi pensiamo che questo modello, efficace per gli adulti, non sia adatto invece per i ragazzini, che hanno bisogno di una forte presenza educativa – commenta Matteo Zappa. – È un'età, l'adolescenza, che va accompagnata bene, soprattutto perché in molti di loro emergono disturbi psicologici. Se si cura bene questo periodo, invece, è più probabile una buona integrazione culturale, lavorativa, sociale dopo i vent'anni, in età adulta».

Per assicurare il tipo di accoglienza adeguata, bisogna ribaltare la prospettiva con cui si guarda a queste persone: «Bisogna considerare che sono minorenni prima di tutto, con delle esigenze specifiche perché migranti, e non considerarli stranieri con esigenze specifiche perché minori – è lo sguardo di Zappa – Per questo diciamo che il modello di accoglienza idoneo per questi ragazzi è la comunità educativa, e non lo Sprar».